“EDUCARE ALLE LIFE SKILLS” Documento originale a cura di R. Calia (2007), adattamento per Orthos a cura di C. Perilli

L'età evolutiva rappresenta una fase dell'esistenza umana di estrema importanza per lo sviluppo della persona; dalle vicissitudini e dalle esperienze, negative e positive, vissute nelle diverse tappe dell'età evolutiva, dall'infanzia all'adolescenza, dipende in larga parte il destino della persona, determinato dall'inestricabile intreccio fra fattori biologici, psichici, sociali, ambientali. Da qui, il grande interesse che le istituzioni deputate alla tutela della salute hanno sempre profuso verso le condizioni facilitanti di un "armonico sviluppo psico-fisico" dei bambini e dei giovani,

nell'alveo naturale del gruppo primario facilitante tale sviluppo, ossia la famiglia, e nella scuola, ambito privilegiato della socializzazione. Universalmente condiviso il giudizio di priorità assegnato ai programmi di prevenzione rivolti alle fasce di popolazione in età evolutiva, più recentemente il dibattito si è spostato sui modelli e sui paradigmi stessi da utilizzare per perseguire le finalità di miglioramento della salute nelle popolazioni.

"Lo scopo di un educatore
non è quello di insegnare qualche cosa
a chi gli sta di fronte,
bensì quello
di ricercare in lui i modi
per trasformare la realtà
in cui entrambi vivono"
Paulo Freire

A partire dalle acquisizioni dell'O.M.S., il sistema costruito per rispondere ai problemi di salute della società, centrato sulla malattia e sulla cura, è entrato progressivamente in crisi ed ha visto contemporaneamente irrompere il concetto di "promozione della salute". Da un approccio prevalentemente bio-medico, fondato su una logica meccanicistico-riduzionistica, si è così passati ad un approccio olistico, bio-psico-sociale, centrato sulla prevenzione, dove la salute è intesa non più come mera "assenza di malattia", ma come "stato di completo benessere fisico, psichico e sociale" (OMS, 1948).

Questa definizione di salute, ormai universalmente accettata, pur con i limiti di irrealtà e di staticità che essa presenta, ha costituito un importante punto di svolta nelle politiche sanitarie di diversi Paesi. Essa ha il pregio di evidenziare la valenza positiva e il carattere multidimensionale della salute, che va quindi oltre la mera "assenza di malattia", o la sola "dimensione fisica". La definizione esplode la "questione salute" dal solo ambito medico-sanitario, per aprirla a competenze di più ampio respiro, "che hanno a che fare con la psicologia, con la filosofia, con l'etica, con la pedagogia, con la vita concreta delle persone, a cominciare dalla famiglia" (Corradini, Cattaneo, 1997).

Questo approccio chiama direttamente in causa la dimensione esperienziale della salute, il suo "significato personale", ossia ciò che significa o evoca il termine "salute" e il senso che ciascuno di noi attribuisce a questo termine. L'antropologia medica ci insegna che come l'esperienza di malattia non è per tutti e dappertutto la stessa cosa, ma è piuttosto un processo strettamente legato non solo a vissuti personali, ma anche sociali e culturali (Good, 1999), così pure la salute è parte della nostra multiforme ma unitaria esperienza di vita e quindi del mondo umano del senso: essa ha quindi caratteristiche sia fisiche che ermeneutiche:
"..... La salute non è precisamente un sentirsi, ma un esserci, un essere nel mondo, un essere insieme agli altri uomini ed essere occupati attivamente e gioiosamente dai compiti particolari della vita" (Gadamer, 1994).
La salute viene così ad essere considerata una risorsa per la vita di ogni giorno, una risorsa per raggiungere altri fini, non un fine in sé, l'obiettivo della vita.

La salute dunque è un complesso di fattori che si combinano insieme interagendo fra loro (modello ecosistemico o biopsicosociale di salute), il quale, proprio perché così inteso, è caratterizzato da elevata complessità.
Il superamento del modello bio-medico a favore del modello bio-psico-sociale, determinato dal progressivo mutamento sociale e dallo stesso sviluppo scientifico che ha innescato significativi cambiamenti nella società, nella relazione medico-paziente e nella domanda di salute, comporta inevitabilmente una visione più ampia in tema di disagio, malattia, salute, benessere, accettando come inevitabile la "sfida della complessità".
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La Carta di Ottawa definisce la promozione della salute come il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Un concetto di salute che, abbracciando un punto di vista olistico, viene proposto come una condizione dinamica il cui miglioramento deve saldamente poggiare su alcuni requisiti fondamentali: la pace, un reddito, cibo e abitazione, un ecosistema stabile, giustizia ed equità. Al centro sono indicate le tre azioni essenziali che devono essere svolte per poter promuovere salute: advocating, enabling e mediating:
I. Advocating è l'azione di sostegno alle popolazioni perché riescano ad affermare il loro diritto alla salute
II. Enabling vuol dire mettere in grado, cioè fornire agli individui e alle comunità i mezzi materiali, le conoscenze e le capacità per controllare e migliorare la propria salute. Questo richiede non solo la reale disponibilità d'informazioni, ma anche il possesso di adeguate abilità personali e opportunità che consentano di fare scelte sane.
III. Mediating significa mediare, tra i diversi interessi della società, al fine di raggiungere più elevati livelli di salute.
In questa prospettiva il benessere delle persone è da intendersi come il risultato di una interazione continua con l'ambiente, nei confronti del quale si innescano tanto meccanismi adattivi che modificativi, che danno luogo ad apprendimenti significativi in un processo di continua co-evoluzione. Questo approccio inoltre sottolinea la bilateralità dell'interazione individuo-ambiente, mettendo in evidenza come promuovere la salute voglia dire quindi agire tanto sull'ambiente quanto sull'individuo, considerandolo nella sua specificità (Zannini, 2001).
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Secondo una delle definizioni più complete del concetto, la promozione della salute consiste in un' "azione politica, sociale ed educativa che rafforza la consapevolezza pubblica della salute, incentiva gli stili di vita sani e l'azione della comunità in favore della salute, e rende le persone "potenti" nell'esercitare i propri diritti e responsabilità nel modellare gli ambienti, i sistemi e le politiche che conducono alla salute e al benessere" (Aboud 1998). In quest'ottica l'educazione alla salute costituisce una delle strategie più importanti ai fini della promozione.

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Pur con le distinzioni e le differenze metodologiche od organizzative, tutti gli interventi di prevenzione assumono il significato di un processo che ha lo scopo (finalità negativa) di contrastare processi di disagio o malattia, ma soprattutto (finalità positiva) quella di migliorare l'habitat socio-culturale e dei servizi, promuovendo autonomia e capacità di coping nei soggetti interessati (Regoliosi, 1992). In ogni caso, benché i processi di prevenzione siano molto complessi, si sviluppino in differenti tipi di intervento e ambiti, e prevedano l'integrazione di diverse competenze, la loro natura rimane intrinsecamente educativa. Il punto di partenza di ogni progettualità finalizzata a promuovere salute permane l'approccio educativo perché, in ultima istanza, facilitare il benessere e/o fare prevenzione significa promuovere dei cambiamenti nelle persone, attraverso un processo che è primariamente ed ineluttabilmente educativo.

FATTORI CHE DETERMINANO LA SALUTE

- Fattori individuali:
 Biologici (predisposizioni genetiche, invecchiamento, ecc.)
 Comportamentali (stili di vita, alimentazione, abuso di alcol o sostanze stupefacenti, esercizio fisico, abitudini sessuali, stress, abitudini di sonno, attività ricreative, ecc.)
 Psicologici (personalità, competenze, autostima, autoefficacia, capacità relazionali, consapevolezza, ecc.)
- Fattori familiari (solidità familiare, sostegno emotivo ed affettivo, ecc.)
- Fattori socioeconomici (status socioeconomico, lavoro, condizioni abitative, istruzione, accesso alle cure sanitarie, qualità delle relazioni sociali e del sostegno sociale, ecc.)
- Fattori culturali (convinzioni sulla salute, abitudini sanitarie, attività sociali, aspettative di ruolo, ecc.)
- Fattori ambientali (inquinamento atmosferico, acustico, qualità dell'acqua, rifiuti chimici o nucleari, i processi industiali, ecc.)
- Struttura sociale (leggi, normative, struttura di welfare, sistema scolastico, accesso all'informazione, ecc.)
- Abitudini di consumo (la pubblicità, la disponibilità di beni e servizi, ecc.).

Il quadro di riferimento è raffigurabile come una struttura a forma di cipolla (cfr. fig. 1.2), con al centro gli individui (caratterizzati da sesso, età e fattori genetici), e circondati da 4 livelli di variabili che li influenzano: gli stili di vita individuali (intesi come insieme di pratiche e modelli comportamentali durevoli), le influenze sociali e della comunità, le condizioni di vita e di lavoro, le condizioni generali socioeconomiche, culturali ed ambientali.

La complessità di tale modello comporta inevitabilmente l'individuazione di priorità e l'assunzione di responsabilità sulle scelte da adottare. L'effetto e il livello di influenza dei determinanti sulla salute individuale e collettiva sono infatti molteplici e mutevoli; sarà quindi importante orientare le azioni di tutela e di promozione della salute verso quei fattori (o, meglio, di quell'insieme di fattori strettamente interconnessi che si costituiscono come codeterminanti della salute) che sono potenzialmente modificabili, individuando gli strumenti che possono diventare patrimonio comune delle istituzioni e dei cittadini, in un'ottica di empowerment e di consapevolezza condivisa, quale precondizione del benessere delle persone e della comunità.
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La promozione alla salute attraverso processi di empowerment mira a potenziare nelle persone le capacità di distinguere i rapporti fra dimensioni soggettive ed oggettive della propria vita personale e collettiva, e a comprendere le variabili complesse alla base delle nostre strutture personali, familiari, sociali, educative, ecc. Agendo sulle competenze individuali, sui comportamenti e sugli atteggiamenti, i processi educativi che si innescano con tale approccio, puntano a sviluppare il sapere, il saper fare e il saper essere delle persone e delle comunità in cui vivono, assumendo una valenza "salutare" in se stessa (educazione come "cura").

"LIFE SKILLS EDUCATION" (LSE)

Secondo questa nuova prospettiva la salute fisica e mentale non può più essere vista come una risorsa la cui tutela è affidata unicamente agli operatori tecnici o alle istituzioni sanitarie, ma richiede di essere promossa da tutti gli individui e in ogni ambito delle comunità, privilegiando quegli aspetti che si rivelano particolarmente significativi nella costruzione di una società facilitante del benessere.
Da qui la funzione strategica che assume il sistema scolastico nel fornire apprendimenti e sviluppare conoscenze, capacità ed attitudini che permettano a tutti di promuovere il proprio potenziale di salute e benessere, nella piena realizzazione della propria vita.

E' su tali premesse che si fondano i nuovi progetti che l'OMS sta sviluppando in questi anni, come quelli orientati alla realizzazione di scuole sane (Programma UNICEF Health Promoting Schools), alla promozione della salute nei luoghi di lavoro, alla progettazione di ambienti urbani sani. Tra questi si colloca il Progetto "Life Skills", il quale ha come obiettivo di facilitare, in ogni paese, lo sviluppo delle competenze emozionali e relazionali necessarie per gestire efficacemente il proprio progetto di vita.

"Con il termine Skills for life si intendono tutte quelle skills (abilita, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l'instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress. Per insegnare ai giovani le Skills for life è necessario introdurre specifici programmi nelle scuole o in altri luoghi deputati all'apprendimento" (Boll. OMS, n.1, 1992)

Le life skills possono essere innumerevoli e la loro natura può variare a seconda del contesto socio-culturale in cui vengono considerate, tuttavia l'OMS ha definito un nucleo fondamentale di skills che deve rappresentare il fulcro di ogni programma di prevenzione, fondato sulla promozione del benessere dei bambini, degli adolescenti e degli adulti che di loro si prendono cura, indipendentemente dal contesto.
Le skills fondamentali, individuate dall'OMS, sono le seguenti:

 Decision making (capacità di prendere decisioni): competenza che permette di affrontare in modo costruttivo le decisioni nelle diverse situazioni e contesti di vita. La capacità di elaborare in modo attivo il processo decisionale può avere implicazioni positive sulla salute attraverso una valutazione delle diverse opzioni e delle conseguenze che esse implicano.
 Problem solving (capacità di risolvere i problemi): competenza che permette di affrontare in modo costruttivo i diversi problemi, i quali se lasciati irrisolti, possono causare stress e tensioni fisiche e mentali.
 Creatività : contribuisce sia al decision making che al problem solving, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze delle diverse opzioni. La creatività inoltre può aiutare ad affrontare in modo versatile tutte le situazioni della vita quotidiana.
 Senso critico : abilità nell'analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo, valutandone vantaggi e svantaggi, al fine di arrivare a una decisione più consapevole. Il senso critico può contribuire alla promozione della salute permettendoci di riconoscere e valutare i diversi fattori che influenzano gli atteggiamenti e il comportamento, quali ad esempio le pressioni dei coetanei e l'influenza dei mass media.
 Comunicazione efficace : consiste nel sapersi esprimere, sia verbalmente che non verbalmente, in modo efficace e congruo alla propria cultura e in ogni situazione particolare. Significa esprimere opinioni e desideri, ma anche bisogni e sentimenti; essere in grado di ascoltare in modo accurato, comprendendo l'altro. Significa inoltre essere capaci, in caso di necessità, di chiedere aiuto.
 Skills per le relazioni interpersonali : capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo. Questo vuol dire saper creare e mantenere relazioni significative, fondamentali per il benessere psico-sociale, sia in ambito amicale che familiare. Può inoltre significare essere in grado di interrompere le relazioni in modo costruttivo.
 Autocoscienza : conoscenza di sé, del proprio carattere, dei propri punti di forza e di debolezza, dei propri desideri e bisogni. Aumentare l'autoconsapevolezza può aiutare a comprendere quando si è stressati o sotto pressione. Rappresenta un prerequisito indispensabile per una comunicazione efficace, per relazioni interpersonali positive e per la comprensione empatica degli altri.
 Empatia : capacità di comprendere gli altri, di "mettersi nei loro panni", anche in situazioni che non ci sono familiari. L'empatia permette di migliorare le relazioni sociali, soprattutto nei confronti di diversità etniche e culturali; facilita l'accettazione e la comprensione verso persone che hanno bisogno di aiuto e di assistenza.
 Gestione delle emozioni : significa riconoscere le emozioni in sé e negli altri, essere consapevoli di come le emozioni influenzano il comportamento e riuscire a gestirle in modo appropriato. Emozioni intense, come la rabbia o il dolore, se non riconosciute e gestite, possono avere effetti molto negativi sulla salute.
 Gestione dello stress : consiste nel riconoscere le cause di tensione e di stress della vita quotidiana e nel controllarle, sia tramite cambiamenti nell'ambiente o nello stile di vita, sia tramite la capacità di rilassarsi, in modo che gli stress inevitabili non diano luogo a problemi di salute.

Tali abilità possono essere insegnate ai giovani attraverso l'apprendimento e la pratica, adattandole al contesto socio-culturale di appartenenza. Le life skills possono tradurre i fattori cognitivi (le conoscenze) e le attitudini e i valori (ciò che pensiamo, sentiamo e crediamo) in capacità ed azioni concrete e consapevoli. Aiutando i bambini e gli adolescenti ad acquisire queste capacità li si attrezza a far fronte alle sfide della vita quotidiana e li si aiuta, partendo da queste abilità di base, a gestire il proprio benessere.
Appare infatti sempre più evidente il disagio con cui i bambini e i giovani della nostra città affrontano il loro percorso di crescita. Le funzioni educative tradizionali attraverso cui si trasmettevano le competenze affettive, relazionali e sociali necessarie allo sviluppo appaiono inadeguate di fronte alla complessità determinata dai profondi cambiamenti sociali e culturali degli ultimi decenni.

L'educazione alle life skills può rispondere all'esigenza sempre più diffusa di tutelare la salute dei minori, aiutandoli a far fronte alla complessità sociale. Solo dopo aver insegnato, attraverso la famiglia e la scuola, queste competenze si potranno sviluppare programmi di prevenzione specifica.....


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